Fiom. Squisitamente di genere. Le Metalmeccaniche spiegano le ragioni di genere della protesta alla Casa Internazionale delle Donne di Roma. Intervista a Barbara Pettine, Fiom-Cgil nazionale, a cura di Salima Balzerani
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Con le donne metalmeccaniche alla manifestazione del 16 ottobre promossa dalla Fiom.
Le donne italiane vogliono lavorare e lo fanno in molteplici modi. Lavorano fuori casa e in casa, nella produzione e per la cura, in modo obbligato e per scelta, retribuito e gratuito. La loro vita non è rappresentabile in alternative secche. E’ la nuova soggettività delle donne che esprime aspettative di reddito, di autonomia e realizzazione di sé anche di fronte a condizioni che rendono difficile il loro pieno concretizzarsi.
Condizioni che diventano sempre più pesanti per i processi economici in corso in cui è ben chiara la volontà dell’impresa privata di ridurre il lavoro a merce e di voler disporre, senza limiti, delle prestazioni lavorative di donne e uomini.
Noi, in questo conflitto vogliamo esserci, mettendo al centro il contrasto tra la soggettività femminile e le condizioni materiali, culturali e di potere che ne impediscono la piena affermazione.
Per questo aderiamo e parteciperemo alla manifestazione nazionale a Roma del prossimo 16 ottobre promossa dalla Fiom.
Ci anima l’intento di far emergere la soggettività femminile in tutti i processi che investono il mondo del lavoro:
- Dove la crisi taglia l’occupazione come è avvenuto per le oltre 104.000 donne espulse dal sistema industriale negli ultimi due anni, dato documentato dalle sindacaliste della Fiom con cui, riteniamo fondamentale costruire un’interlocuzione costante.
- Dove nei settori più a rischio dell’ industria o nelle piccole imprese, anche familiari, si licenzia senza soluzioni alternative, senza giusta causa e senza ammortizzatori sociali.
- Quando si monetizza l’uscita delle donne o le si ricattano con mezzi illegali come la pratica della lettera di dimissioni in bianco firmata al momento dell’assunzione e usata in gravidanza.
- Laddove, il comando a senso unico delle imprese impone ritmi e carichi di lavoro, turni di notte, lavoro festivo e di sabato, abuso dello straordinario rendendo la vita lavorativa disumana e non a misura delle donne, dei loro corpi e della loro doppia,tripla fatica
- Laddove la maternità e il lavoro di cura sono considerate dalle aziende costi e impedimenti e dallo Stato un “ovvio” compito delle donne senza alcun riconoscimento e, di conseguenza, non meritevole di essere sostenuto con moderni servizi - sociali, assistenziali, educativi-.
- Quando, si penalizzano le donne elevando l’età della pensione, di ben sei anni in un sol colpo, come è avvenuto nel pubblico impiego e si vorrebbe fare in quello privato.
Le donne lavoratrici inventano ogni giorno combinazioni ingegnose per tenere insieme mondi diversi, il più possibile e nei modi migliori. Svolgono una mole di lavori diversi, che vogliamo far risaltare in tutto il loro valore con un’autodichiarazione pubblica.
Vogliamo partire dalla forza di una presa di coscienza femminile per ripensare il lavoro su parametri umani e non subordinare la vita ai parametri disumani dell’impresa e del risanamento del bilancio pubblico.
E’ questa è la nostra posta in gioco. E siamo consapevoli che essa passa innanzitutto dal respingere il disegno di riportare, come nel passato, la dignità del lavoro alla mercé di rapporti di forza in cui l’impresa ha una posizione dominante. Progetto esemplificato nella volontà della Confindustria di scardinare i contratti nazionali, e del Governo di sostituire l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, con una legge che introduce il contratto individuale e l’arbitrato quando vengono lesi diritti.
Per tutto questo siamo con la Fiom, per segnare con la soggettività delle donne l’aspro conflitto che ha aperto, per costruire ora e non in un secondo tempo una riforma del lavoro, basata su una riorganizzazione dei tempi per tutti, donne e uomini, a misura delle loro differenti esigenze.
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