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domenica 13 ottobre 2019

Viagra per le Donne

viagra rosa



Una pillola per piacere  Una cura per ringiovanire il desiderio?   O il mix ormonale da ingerire solo se si cerca una notte da non dimenticare?   Il piacere delle donne è ormai un diritto sanitario. E il Viagra rosa un business.

Una pillola per piacere
Una cura per ringiovanire il desiderio?
O il mix ormonale da ingerire solo se si cerca una notte da non dimenticare?
Il piacere delle donne è ormai un diritto sanitario. 
E' il Viagra Rosa un Business.

Agonismo, sponsor, soldi, tifo da hooligan. Il machismo dello sport? Macché, la competizione per migliorare le performance dei più delicati segreti del corpo femminile: l’eccitazione e il piacere. A inizio estate ha debuttato sulle ricette il vincitore ufficiale dell’aggressiva gara per metter a punto il cosiddetto Viagra rosa (e aggiudicarsi un potenziale giro d’affari annuo di 2 miliardi di dollari): le pillole Osphena, firmate dal colosso giapponese Shionogi Inc., il cui principio attivo è l’ospemifene, un modulatore selettivo del recettore dell’estrogeno, che cura l’atrofia vulvovaginale e dunque la dispareunia (dolore durante i rapporti). Più o meno nello stesso periodo lo scrittore Daniel Bergner, in libreria con What Women Want? Adventures in the Science of Female Desire, ha raccontato sul The New York Times che stanno testando la potente coppia di farmaci Lybrido e Lybridos (Emotional Brain, società olandese-americana), presumibilmente in vendita nel 2016: un cocktail di buspirone (ansiolitico) e testosterone che accresce la dopamina e riduce la serotonina. Da prendere “on demand”, quasi un incentivo all’adulterio, dicono gli psicologi. Ma questa è un’altra storia.

Sull’Osphena la Fda, Food and Drugs Administration, ha dato un prezioso benestare che non ha placato le polemiche. C’è chi ha parlato di menopausa medicalizzata a scopo commerciale (dimenticando che la dispareunia non ha a che fare solo con l’età di mezzo), chi di una ricerca del Sacro Graal (come Naomi Wolf, scrittrice femminista) iniziata più o meno quando la mitica pillola blu non solo ha letteralmente risollevato le sorti dei maschi in crisi ma pure stuzzicato gli appetiti di Big Pharma, capace, si sa, di trovare la medicina prima del disturbo, e chi si è indignato perché la terapia ormonale sostitutiva (che in America gode di antipatie più che in Europa), dopo esser stata buttata fuori dalla porta, sarebbe rientrata dalla finestra. La levata di scudi contro l’ennesimo “disease-mongering”, che è il marketing finalizzato all’introduzione di un protocollo terapeutico, era stata già preparata da Camille Paglia («Le inibizioni rimangono cocciutamente interiori. E la lussuria è qualcosa di troppo imperioso per lasciarla al farmacista... »), da Leonore Tiefer, psicoterapeuta e sessuologa, stufa dell’imperante “dittatura dell’orgasmo”, e persino da un documentario di Marc Bennet, Hot Flash Havoc, che con umorismo spiega cosa siano diventati il climaterio e i suoi rimedi. A partire dal fatidico e malinteso rapporto medico del 2002 che ha convinto migliaia di americane a gettare nel water le loro “pilloline magiche”.

«Cerchiamo di capire meglio questa gara per il Lady Viagra perfetto, che non solo non esiste, ma coinvolge sotto quest’etichetta farmaci diversi, adatti a donne, età, problematiche differenti», dice Cesare Battaglia, ginecologo, ricercatore dell’Università di Bologna, autore di studi che hanno testato molecole deputate all’ambito titolo. «Premessa: abbiamo varie sostanze a disposizione e il 60% di donne europee che soffrono di deficit della sessualità, percentuale che sale al 70% in Australia e Usa. E sono donne di ogni età. Si va dai problemi meccanici locali alle patologie ormonali e alle condizioni psicologiche dell’età riproduttiva. E coinvolgono tre fattori chiave - rapporto col partner, condizionamenti ormonali, sfera della libido - , comunque portando alla ribalta un problema di tipo irrorativo e di vascolarizzazione genitale. Detto questo, è dagli anni 70 che si tenta di migliorare la qualità dei rapporti sessuali con la Tos, terapia ormonale sostitutiva, a base di estrogeni e progesterone. Poi è arrivato il cerotto al testosterone (il bugiardino però indica solo le menopause chirurgiche). Poi gli androgeni degli anni 80, coi loro effetti collaterali. Quindi l’ormone Dhea, per via orale o vaginale, di efficacia tenue ma con molte fan negli Usa che lo chiamano “panacea dell’eterna giovinezza”».

Arriviamo così all’Era post Viagra (blu): fa sperare la flibanserina, molecola tedesca della Boehringer, un antidepressivo “fallito” che invece si rivela capace di rimodulare i neurotrasmettitori e riaccendere il desiderio a partire dalla chimica del cervello. Ma nel 2010, non ottiene l’ok definitivo: troppi gli effetti collaterali. Sul trampolino di lancio arriva l’UK-414,495 studiata dalla Pfizer, “molecola dell’eccitazione” che aumenta l’afflusso sanguigno stimolando il nervo pelvico, «un inibitore selettivo che migliora i flussi genitali, liberando una stimolazione nervosa, e la vascolarizzazione. Peccato che i migliori risultati per ora siano stati ottenuti su maschi, ratti e conigli», specifica Battaglia. Nel 2011 è la volta del LibiGel, gel al testosterone della BioSante.

Il 2012 vede la ribalta equamente divisa tra la bremelanotide, l’ormone melanotropo sintetico detto Melanotan II, studiato dall’americana Palatin Technologies, Inc., e il drospirenone, progestinico sintetico a prevalente attività antiandrogenica, contenuto in alcune pillole anticoncezionali (Yasmin, Yaz, Yasminelle). Bene, la bremelanotide delude i medici, ma in compenso entusiasma il pubblico a cui è rivolta, che la battezza “The Barbie Drug”, perché, contemporaneamente, fa dimagrire, abbronza, acuisce le voglie; il che spiega il suo mercato parallelo cinese, che la vende a 13 euro alla fiala (è un farmaco che si inietta). Quanto al drospirenone, peraltro alla base di un ottimo anticoncezionale per le giovani (lo adorano, farebbe calare di peso), è lo stesso Battaglia che ha coordinato una ricerca italiana, citata in ambito internazionale, che ne ha ridimensionato le ambizioni: «Abbassa gli androgeni, fondamentali nella libido». Tutto ciò senza contare i “tentativi” di adattare alle donne, con dosaggi diversi, il Viagra classico e gli altri farmaci col sildenafil come principio attivo (vedi Femigra, il femminile del Cialis): «Un discorso che si è modificato, data la scarsa risposta clitoridea. Hanno dato risultati dosi basse di Cialis abbinate a estrogeni vaginali», spiega il professore. Che forse non sa dell’outing di Kim Cattrall, la scatenata Samantha di Sex and the City, che ha confessato di aver tenuto a galla il terzo matrimonio (ora naufragato) a suon di Viagra.

Tanti contendenti ora battuti dall’Osphena, e tante accuse. Di “pornificare” la cultura femminile, dice la scrittrice Usa Natasha Walter, o di “farmacopornografia”, evocata da Beatriz Preciado, filosofa madrilena che si occupa d’identità e genere,. O ancora, che si tratti di eccitazione erotica provata più dall’industria farmaceutica che dalle donne, come sospetta con garbo Jennifer Block, giornalista e blogger di salute femminile. Alessandra Graziottin, direttore del Centro di ginecologia e sessuologia medica San Raffaele Resnati, a Milano, s’indigna: «Un fondantalismo antiormoni, pregiudiziale, un torto all’intelligenza». Ribatte che l’Osphena, che ha il vantaggio di essere un modulatore di recettori estrogeno-selettivi, e dunque di vantare un’attività estrogenica sui tessuti vaginali e non estrogenica sugli altri tessuti (diminuisce il rischio di tumori ormonodipendenti, per esempio al seno), ha dunque solo una possibilità terapeutica in più rispetto a quello che, dice, «avevamo già». «L’Osphena è l’ultimo della serie. Dopo la menopausa la carenza di estrogeni sovverte l’ecosistema vaginale, e il dolore nei rapporti è lo stimolo riflesso che più inibisce l’eccitazione. La mucosa non “risponde”, se non a un nuovo partner. E noi possiamo curare per via topica invece che sistemica, con terapia ormonale estrogenica locale, in vagina, senza compresse: estrogeni naturali (estriolo, estradiolo) o sintetici (promestriene), più una pomata al testosterone, io la chiamo la “Magic Cream”. Gli ormoni evocano il demonio, ma è la dose che fa la differenza, e qui si parla di quantità infinitesimali».

40 anni (quasi) di solitudine?
Il 60-70% delle donne occidentali, di ogni età, soffre di FSD, Female Sexual Disfunction. Su 335 italiane tra i 46 e i 60 anni, il 45,9% lamenta una riduzione del piacere. Attenzione: se una volta la vita media “offriva” alle donne 10 anni di menopausa, il climaterio ora dura circa 35. «Anzi 37!», corregge Alessandra Graziottin, che aggiunge come oggi, più che di aspettativa di vita, si debba parlare di aspettativa di salute (la maggior longevità triplica gli anni di malattia). E le cure della sessualità vanno in questo senso.




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venerdì 11 ottobre 2019

Donne Curde che Difendono la Democrazia

Donne Curde che Difendono la Democrazia

Donne Curde che Difendono la Democrazia

Donne Curde che Difendono la Democrazia

Donne Curde che Difendono la Democrazia

Donne Curde che Difendono la Democrazia

Combattiamo per le Donne 
del Medio Oriente e del mondo, 
Difendiamo i valori dell'umanità

Chi sono le Donne Curde che Difendono 
la Democrazia e la libertà dagli islamisti dell’IS

Donne Curde che Difendono la Democrazia


di
Umberto Mazzantini



Il Vicepresidente del Parlamento europeo Davide Sassolli scrive sulla sua pagina FacebooK. «Sono ore drammatiche, decisive. Nella città siriana di Kobane un manipolo di combattenti curdi, tra cui molte donne, si oppone casa per casa all’avanzata dei fanatici dell’Isis. Sanno benissimo che, se catturate, verranno torturate e decapitate. Ma combattono per la propria terra, per la libertà, per l’umanità. Il mondo si inchini di fronte a tanto coraggio». Quello che scrive l’esponente del PD è vero e giusto, ma da ex giornalista non può non sapere che quelle coraggiose donne Kurde appartengono alle  Women’s Protection Units delle forze di autodifesa dal Partito di Unione Democratica (PYD),  che ha instaurato un governo autonomo nel Rojava (o Kurdistan occidentale siriano), una forza politica di sinistra considerata molto vicina al Partîya Karkerén Kurdîstan  (PKK – Partito dei Lavoratori del Kurdistan), dichiarato organizzazione terroristica dalla Nato, dagli Usa e dall’Italia. Non dice che quelle donne che difendono la democrazia e la libertà di fronte ai tagliagole fascisti dello Stato Islamico (Daesh in arabo) hanno sulle divise la stella rossa comunista e che a fianco a loro ci sono i guerriglieri del PKK infiltratisi in Siria, mentre la Turchia (Paese Nato) impedisce ai kurdi di andare a dar manforte alle loro compagne e compagni assediati dagli islamisti tagliagole e misogini dell’Isis.

La comandante dell’unità  protezione delle donne del YPJ di Kobane, Meysa Ebdo, ha detto che «L’Isis sta cercando di massacrare i civili nella regione e il mondo intero sta guardando», poi ha a invitato tutte le forze politiche del Kurdistan a «mettere da parte le loro differenze e difendere il Kurdistan» ed ha invitato  i giovani a «stare dalla parte della resistenza a Kobane. Questa resistenza sta per demolire i confini».

In un programma andato in onda ieri sera su Med Nuce, la Ebdo ha detto che, dato che lei e le sue compagne sono «in trincea contro l’Isis dal 2 di luglio non siamo in grado di seguire la stampa ed i media, ma ringraziamo tutti coloro che hanno sostenuto la resistenza a Kobane. L’Isis spera di massacrare centinaia di migliaia di curdi nella regione di  Kobane. Stiamo resistendo contro questo. E il mondo tace. Le organizzazioni per i diritti umani sono rimaste silenti di fronte alle nostre richieste. Ciò dimostra che l’Isis non sta lavorando solo per se stesso. L’Isis viene utilizzato come strumento per fare in modo che i Kurdi rinuncino alla loro a volontà».

Questa coraggiosa comandante di un battaglione di eroiche donne musulmane e di alte religioni racconta cosa sta succedendo nella fascia di territorio kurdo che divide la Turchia dal proclamato Stato Islamico: «Molti dei nostri amici, maschi e femmine, sono stati martirizzati mentre resistevano contro questi attacchi. Attualmente, migliaia di nostri combattenti sono nei campi di battaglia dove fanno storia. Abbiamo evacuato i civili dai villaggi che erano sotto attacco. Chiunque sia abbastanza in forma per portare armi lo ha fatto per proteggere le nostre case e terre. Tutti dovrebbero sapere che non permetteremo a queste bande di avere successo. Chiunque sia dietro queste bande, qualsiasi arma tecnologica possiedano, non ci riusciranno. Da qui in poi, nessuno può far fare un passo indietro al  popolo kurdo».

Ebdo, prima di tornare a combattere i fascisti islamisti ha ricordato che «Questi attacchi non sono solo contro Kobane e la sua gente, ma contro la volontà del popolo kurdo. Vorremmo che tutti i partiti politici e le organizzazioni del Kurdistan capissero che questi attacchi sono contro di loro. Quella che viene attaccata a Kobane è l’idea del Kurdistan. Vorremmo invitare tutti i partiti politici a mettere da parte le loro differenze ed a proteggere il Kurdistan».  Intanto, il 26 settembre, un gruppo di anarchici turchi di Istanbul sarebbe riuscito a traversare la frontiera turca ed a raggiungere  Kobane, creando una sorta di battaglione internazionale che rimanda alla guerra civile spagnola, speriamo che anche questa volta non vincano i fascisti.

Jacques Berès, chirurgo e co-fondatore di Médecins Sans Frontières e Médecins du Monde, tornato da una missione umanitaria nell’area della  battaglia nel Rojava, ha detto: «Faccio questo lavoro da più di quarant’anni, ma quello che ho effettivamente visto nelle ultime settimane in Siria è peggio di qualsiasi cosa io abbia mai visto in tutta la mia vita. Se i paesi occidentali non agiscono immediatamente ci sarà  sicuramente un genocidio. La guerra in Siria è orribile.  Ho visto corpi bruciati, strappati a pezzi, senza braccia o gambe, la maggior parte dei quali civili. Il mio lavoro, durante una missione di due settimane, è inadeguato rispetto al lavoro richiesto. Non ho potuto effettuare più di 7 o 8 interventi chirurgici al giorno. Ma ogni attacco da parte dei  jihadisti dell’Isis causa decine di feriti. Ogni  giorno ci sono decine di questi attacchi.

E tra i combattenti uccisi o feriti per difendere il Rojava dalle orde barbariche dello Stato Islamico ci sono giovani e molte donne.  «La percentuale di donne che combattono nelle file dell’YPG / YPJ ( (People’s Protection Unit)  – ha detto  Berès – è molto alta.  Almeno il 40% dei combattenti gravemente feriti che ho medicato  sono donne. Questa è una caratteristica unica della regione. Le strutture della società curda sono laiche, il ruolo delle donne è molto importante, a capo di ogni istituzione di solito ci sono un uomo e una donna, una visione che è in contraddizione con la misoginia tipica di questa zona del Medio Oriente. Questo punto di vista si scontra anche con il fondamentalismo dogmatico dell’Isis. Ero solo un chilometro di distanza dal fronte di battaglia e ho visto le donne ed i giovani combattenti respingere gli assalti dei jihadisti con semplici fucili semplici e kalashnikov.  I combattenti  sono armati di coraggio e spesso provengono da Kurdistan turco per aiutare la resistenza nel Rojava. Ma sono dotati solo di vecchi  kalashnikov».

La questione delle armi, non è secondaria: le bande islamo-fasciste dell’Isis attaccano le milizie della sinistra kurda con  carri armati, lanciamissili, veicoli blindati e armi pesanti. D’altra parte le donne e gli uomini kurdi sono equipaggiati solo con kalashnikov e lanciarazzi. «Dove sono le armi che l’Occidente  (Italia compresa, ndr) ha promesso di consegnare? – si chiede Berès – Non abbiamo visto le armi occidentali qui ,  invece non  solo abbiamo visto jihadisti provenienti dalla Turchia, ma anche carri armati che passano attraverso il confine turco. La Turchia continua ad avere un comportamento ambiguo a causa degli interessi  strategici ed economici coinvolti».

Infatti il Rojava- Kurdistan Occidentale è una terra ricca di petrolio, cosa che attira l’interesse non solo dello Stato Islamico/Daesh, ma anche dela Turchia. «In questa regione – spiega Berès – ci sono 1.173 campi petroliferi. La maggior parte dei quali erano operativi prima della guerra civile. Più del 60% del petrolio siriano proveniva da questa regione. Oggi sono chiusi ma il loro potenziale energetico è molto alto. Prima della guerra civile, questa regione era tra le più prospere e tolleranti di tutta la Siria. Qui si trovano  moschee o sinagoghe. Se l’Isis prenderà il controllo del Rojava sarà la fine di tutto questo».

Ma Kobanê è completamente circondata «Ora è come un enclave. Nella regione abbiamo visto venire la FSA (Free Syrian Army), il Fronte Al Nusra, ora la città di Kobanê è assediata dalle squadracce dell’Isis. Il problema è che il confine con la Turchia rimane chiuso e la Turchia ha costruito un muro alto 5 metri. Niente armi, niente medicine, nemmeno un sacchetto di riso o un litro di latte passa attraverso il confine. La Turchia blocca ogni convoglio. Così i Kurdi combattono da soli, sono intrappolati tra soldati turchi e le bande dell’Isis  e non possono fuggire nessuna parte. Ma una cosa è certa: se la città di Kobane cadrà nelle mani dell’Isis, la Turchia avrà un’enorme responsabilità nel genocidio che ne seguirà». E con la Turchia la Nato e gli altri Paesi suoi alleati, compreso il nostro. Invece l’esercito turco impedisce a migliaia di giovani, socialisti, sindacalisti, comunisti, rivoluzionari, femministe, libertari, provenienti da tutta la Turchia, di passare il confine per andare a  Kobane a sostenere i rifugiati e le milizie kurde che difendono la città dai fascisti del Daesh.

Intervenendo al meeting  dell’International Political Women’s Council in Germania, la co-presidente dell’Assemblea popolare del Rojava, Sinem Muhammed, ha ricordato che «La YPJ (Woman’s Protection Units) sta lottando per conto di tutte le donne del Medio Oriente e del mondo. Ora io  sono qui, però nel mio paese le donne si trovano ad affrontare la minaccia di un massacro su larga scala. La Rivoluzione del Rojava, con le Assemblee delle sue donne, le accademie e le case delle donne è una rivoluzione delle donne. Insieme alle altre ragioni, questo è uno dei motivi principali per spiegare perché l’Isis  sta attaccando Rojava».

Muhammed, rivolgendosi alle democratiche donne occidentali ha ricordato  per cosa stanno combattendo le “comuniste” kurde: «Resistendo a questo attacco, l’YPJ combatte  contro l’Isis  per conto di tutte le donne del Medio Oriente e del mondo. I ranghi dell’YPJ sono costituiti da donne di diverse fedi ed etnie, tra cui curde, arabe, assire, Yezide e cristiane».

La Muhammed ha concluso: «Oggi si potrebbe pensare che l’Isis sia  lontano dall’Europa. Tuttavia, questa è una minaccia contro tutte le donne del mondo. Il silenzio deve essere rotto. Oggi, nel Rojava  l’YPG e il YPJ stanno difendendo i valori dell’umanità».



Terrore turco.
Erdogan lancia l’attacco, bombe e cannonate sulle città curde
Ieri appena i soldati statunitensi hanno evacuato 
le due postazioni frontaliere di Ras al Ayn e Tal Abyad, 
la Turchia ha dato inizio alla “Operazione fonte di pace" 
– così l’ha chiamata il Erdogan - contro il popolo curdo ...  

Terrore turco.  Erdogan lancia l’attacco, bombe e cannonate sulle città curde  Ieri appena i soldati statunitensi hanno evacuato   le due postazioni frontaliere di Ras al Ayn e Tal Abyad,   la Turchia ha dato inizio alla “Operazione fonte di pace"   – così l’ha chiamata il Erdogan - contro il popolo curdo



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martedì 1 ottobre 2019

Chi è Greta Thunberg


gli imbecilli tuttologi contro il suo autismo

 gli imbecilli tuttologi contro il suo autismo 


In fin dei conti è molto più semplice classificare l’altro come “diverso” piuttosto che rimboccarsi le maniche: sapere in partenza che tu sei socialmente percepito come mancante in qualcosa, come svantaggiato rispetto a me, è rassicurante e fa sentire più bravi e più capaci. Più giusti e al sicuro.
Raccomandata viziata illusa rompipalle inquietante e autistica. Letto così, tutto d’un fiato, come fossero insulti equidistanti tra loro. Sono solo alcune delle definizioni appioppate a Greta Thunberg da quando, negli ultimi mesi, la ragazzina ha scatenato un effetto domino di legioni di imbecilli tuttologi e scienziati-da-divano, subito pronti a riprodursi per scissione 
come batteri per poi dividersi tra pro e contro.

la ragazzina ha scatenato un effetto domino di legioni di imbecilli tuttologi e scienziati-da-divano, subito pronti a riprodursi per scissione   come batteri per poi dividersi tra pro e contro.

Rattrista come a sollevare i pregiudizi più alti siano proprio le generazioni più vecchie, quelle con maggiori responsabilità sulle spalle circa il problema ambientale e l’apparente – ma neanche troppo – mancata volontà di trovare soluzioni e porre o proporre rimedi. Si scade dunque nel benaltrismo, che guai a mettersi in discussione una buona volta, gridando subito al complotto e alla moda, al personal branding di povera figlia “ritardata” burattina della fame dei genitori.

Si finisce coi poteri forti, che quelli non mancano mai come dessert. E con il marketing 2.0 perché adesso esce pure il libro e figurati se non usciva pure il libro che tanto mica l’ha scritto davvero lei il suo libro. Si diventa tutti economisti e editori, ma anche sociologi e ambientalisti, attivisti e missionari. Santi scesi miracolosamente in terra nonostante il manuale di biologia sotto braccio.

Desueti come stantia è la necessità di etichettare tutto, 
in modo spasmodico, e infatti non trova scampo neanche la disabilità di Greta, la sua “sindrome di 
Asperger” che diventa un pilastro di demerito anziché un valore aggiunto per il modo in cui, 
tenacemente e senza distrazioni, sta cambiando la narrazione di un’esigenza universale. E lo sta 
facendo lottando anche contro quello che lo spettro stesso del suo autismo le rende complicato, a 
partire dalle cose per noi scontate e banali.

In fin dei conti è molto più semplice classificare l’altro come 
“diverso” piuttosto che rimboccarsi le maniche: sapere in partenza che tu sei socialmente percepito 
come mancante in qualcosa, come svantaggiato rispetto a me, è rassicurante e fa sentire più bravi e più capaci. Più giusti e al sicuro. Perché sì, è vero, a Greta milioni di persone hanno dato un salvagente per stare a galla, ma io so nuotare benissimo
 e tanto i salvagenti prima o poi si forano sempre. No?

Se invece aveste speso le stesse energie consumate a screditare un messaggio così pulito, infangando il sorriso di Greta che poi è quello di mia sorella e di tutti i vostri figli, per imparare, magari, a fare finalmente la raccolta differenziata, forse vivremmo in un mondo più pulito e in armonia con ciò che ci circonda. E soprattutto con chi riteniamo tanto alieno e invece, a fatti avvenuti, è più presente di noi sulla realtà delle cose. Tutto il resto è il fascismo di chi si ostina a voltarsi dall’altra parte.

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