Donne molestate sul lavoro,
quando la vergogna vince sulla denuncia
Battute umilianti, provocazioni, distanze che si riducono, palpeggiamenti, paura di rimanere sole, di uscire dall’ufficio più tardi rispetto all’orario lavorativo. A questo devono sottostare molte donne in Italia proprio nel posto dove trascorrono la maggior parte della propria giornata: il luogo di lavoro.
Come si può affrontare ogni giornata lavorativa in situazioni simili? Ma soprattutto, perché le donne devono accettare di lavorare in questo modo? Anche quelle che per la maggior parte degli uomini sono semplici battute, per le donne possono essere molto di più. Imbarazzo ed umiliazione nonché situazioni di ansia spesso sono le conseguenze di “ingenui scherzi”, che potrebbero non essere considerati dalle vittime come tali.
Secondo nel rapporto dell’Istat 2008-2009 sulle molestie sessuali, le donne tra i 15 e i 65 anni che nell’arco della vita hanno ricevuto pressioni simili sono ben 842 mila: il 5,9% le ha subite in servizio, l’1,7% durante il colloquio di lavoro, lo 0,5% per mantenere il proprio posto di lavoro o per ricevere una promozione. Sono quasi mezzo milione le donne che hanno ricevuto esplicite richieste indecenti durante il loro iter di ricerca del lavoro (3,4%). A 201mila donne (1,4%) è stato richiesto un rapporto sessuale all’atto dell’assunzione, o sono state ricattate per essere assunte. Solo l’1,1% ha denunciato il fatto. Ciò significa che quasi tutte le donne che subiscono molestie non ne parlano con nessuno né a casa né soprattutto a lavoro. Le motivazioni che di solito le donne adducono al loro silenzio sono la “scarsa gravità dell’episodio” (28,4%), l’essere riuscite a cavarsela da sole o con l’aiuto dei familiari (23,9%), la sfiducia nelle forze dell’ordine o la loro impossibilità di agire (20,4%) e la paura di essere giudicate e trattate male al momento della denuncia (15,1%).
L’aspetto più inquietante è che molte donne non si rendono conto del momento in cui diventano vittime di molestie, partendo dalla triste e drammatica consapevolezza che alcuni comportamenti da parte degli uomini sul luogo del lavoro sono assolutamente normali. Torneranno a casa la sera sentendosi umiliate, ferite ma staranno in silenzio, si terranno tutto dentro e cercheranno di non pensarci e passarci sopra perché in fondo “può capitare”. Lo sanno tutte. E’ normale che ci siano commenti, battute, provocazioni o mani morte. Più una donna è carina più è consapevole che questo accadrà.
Nessuna distinzione tra stagiste, dipendenti con contratto determinato o indeterminato, donne laureate o prive di titoli di studio. Tutte possono essere vittime. Ma perché accettare tutto questo? Perché l’immagine della donna oggetto, della donna velina costantemente proposta dalla televisione deve essere l’immagine della donna in Italia? Il “sesso debole” dovrebbe lottare oggi proprio per ridare nuova immagine alla donna. Sicuramente una battaglia lunga e difficile in quanto in Italia significherebbe cambiare un modo di pensare terribilmente antico ma ancora incredibilmente attuale.
Quando le donne smetteranno di accettare un ruolo degradante nella società, forse le cose inizieranno a cambiare. E’ allora importante che prendano consapevolezza che, secondo il D.lgs. 145/2005 che ha attuato il D.73/2002, le molestie sessuali sono definite come discriminatorie qualora:
- Consistano in comportamenti indesiderati posti in essere per ragioni connesse al sesso aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, umiliante, degradante od offensivo - Consistano in comportamenti indesiderati a connotazione sessuale espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità della persona e di creare un clima intimidatorio, degradante, umiliante od offensivo.
Le molestie possono causare disagi psicologici, forme di ansia, e riflettersi negativi sulla vita personale e lavorativa. I comportamenti possono essere molto vari ma a base direttamente o indirettamente sessuale e sono caratterizzati dal fatto che non sono né desiderati da chi li subisce né graditi.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (37197/10) ha anche stabilito che le riprese video effettuate dalla donna molestata sul lavoro, con l’accordo della polizia giudiziaria, sono legittime e utilizzabili nel procedimento a carico del molestatore, anche se non erano state autorizzate preventivamente dal giudice. Un’importante novità che garantirebbe una maggiore tutela della donna lavoratrice, non sufficiente però se si considera che interesserebbe solo quelle vittime che decidono coraggiosamente di reagire e denunciare il proprio molestatore e che costituiscono una minoranza assoluta.
Esistono tante, troppe storie di quotidiana sopportazione di molestie sul lavoro che rimangono nascoste dietro a tristi silenzi sui quali il molestatore sa di poter contare. Storie così comuni e frequenti che non fanno neanche più notizia.
Scritto da Emanuela De Marchi
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