Bordelli che si specializzano offrendo ragazze addormentate;
cataloghi di bambole dagli occhi chiusi.
In Giappone la sonnofilia piace, piace il sesso onirico
Yume (sogno), della O I
La sonnofilia è l’attrazione verso un partner addormentato o incosciente. Piace ai maschi giapponesi
per i quali si moltiplicano bordelli specializzati. E piace all’industria del silicone che sforna a spron
battuto sempre nuovi modelli di bambole che raffigurano ragazze addormentate, da tenere con sé,
contemplare, accarezzare.
Ne parla Agnès Giard nel suo blog su «Libération» dal nome quanto mai eloquente - Les 400 Culs -,
che ricalca il titolo del celebre film di François Truffaut. Agnès Giard è scrittrice, giornalista e
antropologa, si interessa al Giappone da sempre, con uno sguardo curioso e smaliziato alle sue
abitudini e inquietudini sessuali.
La sonnofilia imperversa dunque sotto il Sol levante. Una fantasia onirica che ha spinto molti tenutari di bordelli a specializzarsi per offrire questa variante al più comune consumo sessuale: club in cui i clienti pagano per toccare una prostituta che si finge addormentata. La finzione è tutto, permette al cliente di percorrere un’esperienza onirica della quale si fa protagonista, e sentirsi padrone della scena, in tutti i sensi. È un set cinematografico quello che per il cliente maschio viene infatti riprodotto: l’uomo è condotto sin davanti alla porta che apre “di nascosto”; la donna si presenta nella “sua” camera da letto abbigliata da studentessa o in pigiama, ma comunque discinta; apparentemente abbandonata in un sonno dal respiro profondo, inerme. L’uomo può allora toccarla, carezzarla, approfondire tra le pieghe del corpo di lei che prenderà a gemere tanto più quelle carezze si faranno precise. Non vi sarà penetrazione, poiché il piacere deve rimanere circoscritto al sonno di lei, alla sua immobilità e sottomissione, alla finzione di una segretezza che trascende l’anonimato del cliente, al quale viene offerta l’immaginazione di carezze furtive, di cui anche la ragazza non avrà memoria.
La sonnofilia, ricorda Agnès Giard, è topos di libertà ripreso in storiche stampe erotiche aventi per
soggetto donne addormentate e uomini che entrano di soppiatto, sesso carpito nell’incoscienza di lei.
Ma anche uno stato onirico che consente a uomini e donne di consumare esperienze nella finzione di
poterle poi negare, poiché avvenute in uno stato di sonno, o di narcosi, di incoscienza appunto.
C’è in questo piacere il limite della bellezza incontaminata che tale deve restare, per questo anche la
penetrazione è bandita, o perlomeno non contemplata. C’è in questo piacere una sorta di
sadomasochismo che limita il possesso dell’altro al solo sguardo, alle carezze, a un potere contenuto
sul corpo femminile inerme, che non deve essere violato.
La purezza deve essere difesa e preservata, il piacere stesso trattenuto. È in quest’alveo che la finzionedella bambola trova il suo successo di vendite. Del resto neanche le donne che si sottopongono a questa pratica sono attive e propositive. Un sonno talmente profondo da sembrare morte e che avvicina la sonnofilia alla necrofilia lascia anche intendere che un corpo ben modellato, in silicone, può bastare al gioco onanista. I cataloghi si moltiplicano e offrono modelli di diversi tipi, ragazze svestite con le palpebre rigorosamente chiuse: una di esse (della Orient Industry)
non a caso si chiama Yume (sogno).
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