Una delle caratteristiche più crudeli ed antiche che hanno caratterizzato le guerre sono le violenze che i soldati hanno fatto sulle donne. Delle donne degli sconfitti portate in patria come schiave ci racconta già Omero. Nel corso del tempo questo orrore è continuato. Non meraviglia quindi che anche durante il primo scontro mondiale, ci sono state violenze sistematiche da parte dei soldati austriaci sulle donne italiane, in particolare su quelle che vivevano in paesi vicini al fronte e che vivevano sole con i loro figli, spesso con genitori anziani: i loro uomini erano al fronte a combattere. Molto spesso le madri venivano stuprate davanti ai figli: al trauma si aggiungeva un trauma ulteriormente devastante.A volte queste donne si facevano violentare dai militari austro-ungarici per proteggere le loro figlie, nel senso che si offrivano al loro posto in modo da scongiurare alle ragazze, oltre alla violenza, una possibile morte dovuta a traumi fisici o a malattie veneree. Di adolescenti quasi bambine morte dopo gli stupri di gruppo ci sono sicure notizie documentate. Violentare le donne davanti alla famiglia, a volte anche padri o suoceri, portava umiliazione e vergogna anche ai familiari, impotenti di fronte a questi atti.
Non dobbiamo dimenticare però che anche i soldati italiani quando scendevano in paese ubriachi, per l’eccessivo uso di alcool, sfogavano rabbia e paura violentando le prostitute presenti nei bordelli o quelle che si offrivano per strada.
Durante la prima guerra mondiale, le donne vicine al fronte vivevano in uno stato di inquietudine, una specie di gara per la sopravvivenza psichica e morale, oltre che fisica.
Durante tutto il corso del novecento, molte guerre come il “primo scontro mondiale”, sono state ulteriormente aggravate da violenze perpetrate nei confronti delle donne.
Troviamo testimonianze di violenze provenienti da zone di guerra di tutto il mondo; testimonianze non solo dirette e cioè fatte dalle stesse donne che le hanno subite, ma anche indirette provenienti dai soldati pentiti di ciò che avevano compiuto. Leggendo documenti messi in rete da centri di psicologia e ricerca si nota la brutalità e la perdita di dignità presente in tutti i soldati che hanno commesso questi atti osceni. Le donne erano disperate ed ormai rassegnate a queste violenze sistematiche e così efferate da determinare la morte dopo giorni o anche mesi sia per malattie veneree sia per le mutilazioni subite. Ricordiamo gli stupri etnici in Bosnia-Erzegovina durante la recente guerra in Jugoslavia, conflitto in cui le musulmane subivano violenze da parte dei cristiani. Spesso dopo gli stupri le donne impazzivano, si suicidavano o, se rimanevano incinta, alla nascita rifiutavano il neonato. Con lo stupro della donna abbiamo anche l’umiliazione dell’uomo che non riusciva a difendere la propria compagna. Se pensiamo al paese di Sant’Eufemia, alle brutalità che hanno subito le donne italiane da parte di soldati magrebini che agirono però autorizzati dal comando francese in Italia, inorridiamo. Era la seconda guerra mondiale e gli “alleati” stavano liberando l’Italia. Furono violentate donne dai 6 agli 80 anni. Solo nel 2013 il presidente Giorgio Napolitano ha consegnato alle superstiti la medaglia al valore.
Questo scempio è stato raccontato nel romanzo di Alberto Moravia La ciociara, nel 1960 trasposto in film da Vittorio De Sica con protagonista Sophia Loren.
Da sempre dunque, la donna nelle guerre è stata vittima di sfogo brutale e cieca violenza, di umiliazione; questi atti tolgono letteralmente il senso di umanità che abbiamo, e chi li compie è un essere senza cuore e senza dignità che non merita di essere chiamato uomo.
La finzione cinematografica
di Cesira, la madre, e Rosetta, la figlia, può suggerire almeno in parte l'orrore.
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