Amore e tradimenti, le leggi di Facebook:
per divorziare non “vale” l’ingresso abusivo,
ma il falso profilo sì
Entrare abusivamente nel profilo facebook del proprio partner a caccia di eventuali tradimenti non vale. Creare una falsa identità virtuale per testarne la fedeltà, questo invece vale. Almeno per la legge e i tribunali italiani. Se facebook è diventata la prima causa di divorzi negli Stati Uniti, è facile immaginare che a breve anche l’Italia seguirà lo stesso percorso. E’ interessante quindi capire quali comportamenti su facebook possono portare a una separazione e ad un divorzio e quali no. Quali comportamenti possono essere accettati da un tribunale e un giudice come prove e quali no. La rete, e in particolare facebook, sono o si avviano a diventare la prima causa di divorzi e separazioni non per delle loro storture intrinseche, come nota giustamente Severgnini sul Corriere della Sera, il problema non è tanto il mezzo, ma la volontà. Nell’ottocento, probabilmente, la prima causa di liti in famiglia (il divorzio raramente era praticabile) saranno state le lettere. Con l’invenzione del telefono questo ruolo sarà diventato appannaggio delle chiamate per poi passare agli sms e infine alle mail. Non sono i mezzi, ma la volontà dei soggetti, la volontà degli sposi che sta dietro la fine di ogni rapporto di coppia. Lettere, telefoni, messaggini, e-mail e facebook sono poi solo delle occasioni e dei sistemi di comunicazione, in realtà non ci si lascia per facebook, come non ci si lasciava per le lettere, ci si lascia e ci si lasciava per il contenuto delle lettere ieri e dei post oggi. Contenuto che rivela, o almeno lascia sospettare, quella che è da sempre la causa principe della fine dei rapporti, cioè il tradimento.
Gli avvocati matrimonialisti, che di questo vivono e su questo lavorano, hanno però cominciato a interessarsi a facebook per capire come e quali comportamenti tenuti sul social network possono essere citati in tribunale e diventare elementi “legali” di una separazione. Partiamo da cosa non si può fare, cioè dalla descrizione di quali comportamenti non si possono tenere su facebook, come su qualsiasi altro social network, per cogliere il proprio partner “con le mani nel sacco”.
Non si può entrare abusivamente nel profilo del proprio partner e se, grazie ad un “ingresso” abusivo, venisse scoperto un tradimento, questo non costituirebbe una prova valida da esibire in tribunale. L’ingresso abusivo potrebbe essere infatti equiparato al reato di violazione della corrispondenza (art 616 cp, reclusione sino ad un anno).
Non si può creare un falso profilo, magari con il nome della supposta amante, per contattare il proprio partner. In questo caso si rischia il reato di sostituzione di persona (art 494 cp, anche qui reclusione sino ad un anno).
Non si possono creare gruppi pubblici o comunque parteciparvi per confrontarsi con altri “traditi” facendo riferimenti a nomi e fatti reali. Il rischio è quello di incorrere nel reato di diffamazione aggravata punito con tre anni di reclusione.
Non si possono scrivere frasi denigratorie o commenti ingiuriosi sul profilo del partner traditore, anche qui il rischio è quello della diffamazione aggravata.
Si possono però fare un sacco di cose, ed è bene che lo sappiano tutti: quelli che sono nel ruolo di traditori e che devono quindi stare molto attenti, come quelli che sono o pensano di essere vittime di tradimento.
E’ lecito creare un profilo di fantasia, senza relazioni quindi con persone reali, e con questo contattare il proprio partner per testarne il “tasso di fedeltà”. Per la Cassazione un’assidua relazione virtuale è assimilabile al tradimento. Meglio non parlare troppo con gli sconosciuti quindi, se vi contatta una procacissima “Paperina” ci potrebbe essere sotto un “trappolone”.
E’ lecito chiedere ad un’amica, o ad un amico ovviamente, di contattare il proprio partner e fingersi di lui innamorato. Se il malcapitato “ci starà”, le prove raccolte con questo piccolo (mica tanto) inganno, potranno essere prodotte in giudizio e l’amica, o amico che sia, potrà anche essere sentito come testimone.
E’ lecito, se il proprio partner passa serate intere davanti al pc, invitare a casa amici che possano così diventare testimoni della “dipendenza” da facebook, testimoni che potrebbero un domani tornare utili in tribunale.
E’ lecito, infine, controllare il profilo del proprio partner senza finzioni. E’ cioè ammesso che la moglie, con la sua vera identità, legga i post del marito ma se, in questo caso, il marito oltre ad essere traditore decide di ammetterlo in pubblico, è presumibile che sia il primo a volere la separazione.
E per fortuna che, come disse qualcuno, l’amore vince sempre.
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