Ruqia Hassan scriveva su internet con lo pseudonimo Nisan Ibrahim
Siria: Isis uccide l’unica reporter donna rimasta a Raqqa.
“Loro mi tagliano la testa, io ho la dignità”
Sfidava l’Isis con articoli ironici sul web, uccisa l’unica giornalista indipendente di Raqqa
Ruqia Hassan denunciava le condizioni di vita nella roccaforte del Califfato in Siria
Ad annunciarlo sono stati gli attivisti locali citati dall’associazione giornalistica Syria Direct. La donna, 30 anni, sarebbe stata uccisa a settembre dagli uomini dell'autoproclamato Califfato
È stata uccisa l’unica reporter indipendente donna che da Raqqa, roccaforte jihadista in Siria, aveva continuato a osare sfidare negli ultimi mesi l’Isis con le sue cronache cittadine, le sue denunce e la sua sferzante ironia sul web. Lo annunciano attivisti locali citati dall’associazione giornalistica Syria Direct e ripresi oggi da media britannici, stando ai quali da ottobre sale ad almeno 5 il numero dei giornalisti controcorrente assassinati dai seguaci del Califfo.
“ERA UNA SPIA”
La morte della ragazza, Ruqia Hassan, fattasi conoscere sulla rete come una coraggiosa “citizen journalist”, talvolta con lo pseudonimo di Nisan Ibrahim, risalirebbe a qualche tempo fa. Ma solo nei giorni scorsi sembra che l’Isis abbia comunicato ai genitori di averla «giustiziata» in quanto «spia», raccontano gli attivisti, diffondendo anche quelli
che vengono presentati come gli ultimi tweet di Ruqia.
L’ARMA DELL’IRONIA
«Sono a Raqqa e ho ricevuto minacce di morte - vi si legge - ma quando l’Isis mi arresterà e mi ucciderà sarà tutto ok, perché loro mi taglieranno testa e io ho la dignità. Meglio che vivere nell’umiliazione sotto l’Isis». L’Independent traduce poi l’ultimo post sul profilo Facebook della ragazza, pubblicato a luglio per ironizzare sulla guerra al wi-fi dichiarata dai jihadisti nella sua città. «Avanti - scriveva Ruqia - tagliateci internet, i nostri piccioni viaggiatori non se ne lamenteranno».
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Un video rubato nascondendo la telecamera sotto il niqab, il velo nero che copre obbligatoriamente tutte le donne che vivono a Raqqa, la capitale del califfato islamico, in Siria. Lo ha girato una giovane della città siriana, da oltre un anno sotto il tallone delle milizie islamiste. Si vedono le vie piene di barbuti armati, come nella Kabul ai tempi dei taleban. Da due uomini a bordo di una macchina arriva un rimprovero: “Ehi, che fai”. La giovane viene rimproverata perché mostra parte del viso. Ma risponde con ironia: “Si vede che il mio niqab è trasparente”.
Poi la giovane entra in un seminterrato: un Internet Point nel cuore di Raqqa. Madri e ragazze che comunicano con parenti all’estero, molti in Francia, via e-mail e Skype. Le giovani sono le più radicalizzate, non vogliono tornare in Europa “perché ci troviamo bene qui”. E un’altra: “Tutto quello che vedete sulle tv occidentali è falso!”. E le madri non capiscono una scelta così radicale.
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