La giornalista Palestinese ha ricordato il suicidio della madre,
stuprata da un uomo che conosceva.
In lacrime ha detto : lotto per me , per lei e per mia figlia
Era molto attesa Rula Jebreal una giornalista intelligente, volitiva, bella, indipendente. Una donna che ovunque è andata negli anni ha sollevato polemiche perchè dice quel che pensa, perchè è libera. Del suo monologo si parlava tantissimo ancor prima di essere pronunciato. E ha superato le aspettative: durissimo, mentre raccontava il suicidio della madre, stuprata e brutalizzata da un uomo che conosceva bene. Parole dure, commoventi, che hanno fatto piangere tante donne in platea e a casa. Rula bellissima «con il mio abito migliore», ha regalato emozioni fortissime al Festival di Sanremo. Inaspettate per la forza e la portata del messaggio.
Jebreal che per tutta la serata era stata sorridente e aveva svolto il suo ruolo di co-conduttrice con garbo ed eleganza, verso la mezzanotte ha preso quello spazio sul palco per parlare a tutti donne e uomini. Aveva davanti a sè due libri, uno nero, con le parole della realtà e uno bianco con testi di canzoni meravigliose. Rula parte dalla realtà, dalle parole che feriscono. «Che biancheria aveva quella sera?» e «trova sexy un uomo coi jeans?» . «Se le donne non vogliono essere stuprate devono smettere di essere poco di buono». Ecco queste sono solo alcune delle frasi rivolte alle donne vittime di violenza sessuale che si ascoltano nelle aule del tribunale. «Noi donne non siamo mai innocenti - prosegue Rula - o perchè abbiamo denunciato troppo tardi o troppo presto, o perchè siamo troppo belle o troppo brutte, o disinibite e ce la siamo voluta».
Legge alcuni versi del meraviglioso testo «La cura» di Battiato
È un crescendo di commozione e durezza. La voce di Rula lentamente si incrina. Jebreal racconta di sè, della sua infanzia, del suo dolore immenso: «Sono cresciuta in un orfanotrofio con altra bambine, tutte le sere raccontavamo una storia ed erano favole tristi , ci raccontavano delle nostre madri spesso stuprate, torturate, uccise». Rula elenca i numeri agghiaccianti dei femminicidi in Italia: negli ultimi 3 anni 3 milioni di donne hanno subito violenza. Sei donne sono state uccise solo la scorsa settimana e nell 80 per cento dei casi il carnefice abitava in casa».
Il suo monologo è stato il momento più toccante della prima serata del Festival di Sanremo. Rula Jebreal ha sbaragliato tutti parlando delle donne vittime di violenza senza essere mai banale. E il giorno dopo svela alcuni retroscena sulla polemiche che hanno accompagnato la sua presenza sul palco accanto ad Amadeus.
«Le polemiche di Lega e Fratelli d'Italia mi hanno lasciato scioccata, qualcuno era persino per il contradditorio. Dalla Rai ho ricevuto grande sostegno e una libertà totale. Il direttore di Ra1 mi ha commosso e sostenuto fino in fondo». E poi rivela che il monologo recitato, citando i testi di alcune tra le canzoni italiane più famose, da La Cura di Battiato alla Donna Cannone di De Gregori, è stato scritto con la giornalista Selvaggia Lucarelli: «Mi ha aiutato a dire le cose giuste».
Rula Jebreal, ecco cosa ha detto. «Troppe donne stuprate due volte, come mia madre»
«Rula appare battagliera - dice la Lucarelli - ieri è uscita la sua vera anima».
«Dire quelle parole è stata dura - ammette Rula - ma l'energia in sala era bellissima».
«Tutto è nato da una telefonata che mi ha fatto Rula la settimana
scorsa nella quale mi diceva che le piace come
scrivo e mi ha voluto incontrare. Mi ha parlato di quello che voleva dire, quello che voleva raccontare, mi ha fatto leggere quello che era stato già buttato giù dagli autori Rai, e man mano abbiamo costruito insieme il testo che poi Rula ha letto e interpretato a Sanremo». Così Selvaggia Lucarelli racconta come è nata la collaborazione con Rula Jeabreal.
«Molto ha fatto la sua interpretazione e la sua commozione, la forza della sua storia. - continua Lucarelli - Credo che Rula abbia compreso che dieci minuti da sola sul palco di Sanremo voleva dire avere l'occasione di poter dire qualcosa di forte, di poter lanciare un messaggio forte a tantissime persone in un contesto giusto, di silenzio di attenzione e un poco solenne come quello di Sanremo quando si spengono le luci»
«Rula ha compreso che le sue parole non potevano essere sbiadite - dice ancora Lucarelli - ha scelto di scoprirsi , di raccontare la cosa più dolorosa e più importante della sua vita a milioni di persone e ho apprezzato il suo coraggio, la sua forza di arrivare fino in fondo. Lei tanto battagliera, tanto ferma nel suo lavoro di giornalista ha tirato fuori la sua fragilità ed è stato bellissimo. Ha poi avuto la forza di non piangere durante il monologo, ma io mi sono commossa come tanti, tantissimi altri in sala e credo anche a casa».
«Altre, future collaborazioni? Non lo so, lei vive a New York io qui, - conclude Lucarelli - ci siamo sentite anche poco fa e abbiamo deciso per il momento di prendere un caffè insieme: c'è tanto affetto reciproco e tanto rispetto, vedremo».
ECCO IL TESTO INTEGRALE
Lei aveva la biancheria intima quella sera?
-Si ricorda di aver cercato su internet il nome di un anticoncezionale quella mattina?
-Lei trova sexy gli uomini che indossano i jeans?
-Se le donne non vogliono essere sfruttare devono smetterla di vestirsi da poco di buono.
Queste sono solo alcune delle domande poste in un’aula di tribunale a due ragazze che in Italia, non molto tempo fa, hanno denunciato una violenza sessuale. Domande insinuanti, melliflue, che sottintendono una verità amara, crudele: noi donne non siamo mai innocenti. Non lo siamo perché abbiamo denunciato troppo tardi, perché abbiamo denunciato troppo presto, perché siamo tropo belle o troppo brutto perché eravamo troppo disinibite e ce la siamo voluta.
“Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo.
Perché sei un essere speciale
Ed io, avrò cura di te.”
Sono cresciuta in un orfanotrofio, insieme a centinaia di bambine. La sera, una per volta, noi bambine raccontavamo una storia, le nostre storie. Erano una specie di favole tristi. Non favole di mamme che conciliano il sonno, ma favole di figlie sfortunate, che il sonno lo toglievano. Ci raccontavamo delle nostre madri: torturate, uccise, violentate.
Ogni sera, prima di dormire, ci liberavamo tutte insieme di quelle parole di dolore. Io amo le parole. Ho imparato, venendo da luoghi di guerra, a credere nelle parole e non ai fucili, per cercare di rendere il mondo un posto migliore. Anche e soprattutto per le donne. Ma poi ci sono i numeri.
E in Italia, in questo magnifico Paese che mi ha accolto, i numeri sono spietati: ogni 3 giorni viene uccisa una donna, 6 donne sono state uccise la scorsa settimana. E nell’85% dei casi, il carnefice non ha bisogno di bussare alla porta per un motivo molto semplice: ha le chiavi di casa. Ci sono le sue impronte sullo zerbino, l’ombra delle sue labbra sul bicchiere in cucina.
“Butterò questo mio enorme cuore tra le stelle un giorno
Giuro che lo farò
E oltre l’azzurro della tenda nell’azzurro io volerò
Quando la donna cannone
D’oro e d’argento diventerà
Senza passare dalla stazione
L’ultimo treno prenderà”.
Mia madre Zakia, che tutti chiamavano Nadia, ha preso il suo ultimo treno quando io avevo 5 anni. Si è suicidata, dandosi fuoco. Ma il dolore era una fiamma lenta che aveva cominciato a salire e ad annerirle i vestiti quando era solo un’adolescente. Il suo corpo era qualcosa di cui voleva liberarsi, era stato la sua tortura. Perché mia madre Nadia fu stuprata e brutalizzata due volte: a 13 anni da un uomo e poi dal sistema che l’ha costretta al silenzio, che non le ha consentito di denunciare. Le ferite sanguinano di più quando non si è creduti. L’uomo che l’ha violentata per anni, il cui ricordo incancellabile era con lei, mentre le fiamme mangiavano il suo corpo, aveva le chiavi di casa.
“Sally ha patito troppo
Sally ha già visto che cosa
Ti può crollare addosso
Sally è già stata punita
Per ogni sua distrazione o debolezza
Per ogni candida carezza
Data per non sentire l’amarezza”
Quante volte siamo state Sally? Mentre Franca Rame veniva violentata il 9 marzo del 1973, cercò salvezza nella musica. “Devo stare calma. Devo stare calma. Mi attacco ai rumori della città, alle parole delle canzoni, devo stare calma”, recitava nel suo potente monologo “Lo stupro”, in cui ripercorreva quel fatto drammatico. Le parole delle canzoni possono essere messaggi d’amore e di salvezza. Io sono diventata la donna che sono perché lo dovevo a mia madre, lo devo a mia figlia che è seduta in mezzo a voi. Lo dobbiamo tutte, tutti, a una madre, una figlia, una sorella, al nostro paese, anche agli uomini, all’idea stessa di civiltà e uguaglianza.
All’idea più grande di tutte: quella di libertà.
Parlo agli uomini, adesso. Lasciateci libere di essere ciò che vogliamo essere: madri di dieci figli e madri di nessuno, casalinghe e carrieriste, madonne e puttane, lasciateci fare quello che vogliamo del nostro corpo e ribellatevi insieme a noi, quando qualcuno ci dice cosa dobbiamo farne. Siate nostri complici. E quando qualcuno ci chiede “Lei cosa ha fatto per meritare ciò che è accaduto?”
“C’è un tempo bellissimo, tutto sudato
Una stagione ribelle
L’istante in cui scocca l’unica freccia
Che arriva alla volta celeste
E trafigge le stelle
È un giorno che tutta la gente
Si tende la mano
È il medesimo istante per tutti
Che sarà benedetto, io credo
Da molto lontano”.
Sono stata scelta stasera per celebrare la musica e le donne, ma sono qui per parlare delle cose di cui è necessario parlare. Certo ho messo un bel vestito. Domani chiedetevi pure al bar “Com’era vestita Rula?”. Che non si chieda mai più, però, a una donna che è stata stuprata: “Com’era vestita, lei, quella notte?”. Mia madre ha avuto paura di quella domanda. Mia madre non ce l’ha fatta. E così tante donne. E noi non vogliamo più avere paura. Vogliamo essere amate. Lo devo a mia madre, lo dobbiamo a noi stesse, alla nostre figlie. Nessuno può permettersi il diritto di addormentarci con una favola. Vogliamo essere note, silenzi, rumori, libere nel tempo e nello spazio.
Vogliamo essere questo: musica.
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