Un nuovo reato nell’era moderna.
Il termine femminicidio, nella sua accezione contemporanea, è un neologismo che identifica i casi di
omicidio doloso o preterintenzionale in cui una donna viene uccisa da un uomo per motivi basati sul genere.
Esso costituisce dunque un sottoinsieme della totalità dei casi di omicidio aventi un individuo di
sesso femminile come vittima. Un aspetto spesso comune a tale tipologia di crimini è la sua maturazione
in ambito familiare o all’interno di relazioni sentimentali più o meno stabili. Il significato di tale
neologismo è definito come: “Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in
nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuare la subordinazione
e di annientare l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte”.
La questione della violenza sia fisica che sessuale sulle donne è
di strettissima attualità. La cronaca riporta quotidianamente episodi che hanno per oggetto violenze e
delitti le cui vittime sono donne: ferite, violentate o uccise. La maggior parte di questi crimini avvengono
per mano di mariti, compagni, padri, fratelli, persone conosciute dalle loro vittime, che, per il legame
familiare e sentimentale che hanno con esse, dovrebbero amarle e proteggerle. Le donne, infatti,
vedono violate la propria libertà, dignità ed uguaglianza e molto spesso per paura non denunciano i loro
aguzzini, dato il legame intrafamiliare tra autore e vittima appunto, facendo sì che questi episodi
rimangano isolati entro le mura domestiche, accrescendo dunque, anche, il “numero oscuro” di casi che
si verificano realmente.
Purtroppo, le donne spesso fanno confusione fra amore e violenza rifiutandosi di denunciare per non
scombussolare gli equilibri della famiglia: sono infatti pochissime le donne che trovano la forza di
“ribellarsi” e denunciare, circa il 5%; le altre hanno paura, vergogna e non capendo la gravità del
problema preferiscono tacere. I dati ci confermano che è proprio l’ambiente domestico il luogo dove la
donna rischia maggiormente la vita, ed è il rapporto più intimo come quello di coppia che può esserle
fatale (31%). In Italia sono quasi 7 milioni le donne che tra i 16 e i 70 anni hanno subito nel corso della
loro vita una forma di violenza, che sia fisica o sessuale, dentro e/o fuori dalla famiglia.
I numeri dovrebbero farci riflettere e forse dovremmo capire che il femminicidio non è un’emergenza
occasionale né tantomeno un fatto privato, ma una vera e propria tragedia sociale cronica ormai
strutturale del nostro Paese. Fortunatamente nel corso degli anni le normative e le leggi che regolano e
puniscono questi reati sembra abbiano fatto passi avanti, sia nell’individuazione stessa del fenomeno
(tramite taluni particolari accorgimenti) sia nella proporzionalità delle pene rispetto ai crimini commessi.
Parlando con l’autore ho avuto modo di fare chiarezza rispetto alle motivazioni che lo hanno spinto a
scrivere di un tema così caldo e delicato; spesso ci troviamo a leggere dei report, saggi o romanzi
rispetto a problematiche di questo tipo, che riguardano appunto le donne, scritti proprio per mano di
queste stesse, che possono essere soggetti-oggetti dei racconti. La mia curiosità dunque era quella di
cercare di capire i motivi che stanno alla base di questa pubblicazione e al contempo capire quanto il
vissuto personale dell’autore si intrecci, o si sia intrecciato con queste problematiche di violenza di
genere (viste anche le pubblicazioni precedenti riguardanti lo stalking). Sicuramente la sensibilità del
Nostro nasce dalle sue esperienze personali: traspare infatti dalle sue parole il voler informare e parlare
di questa piaga dopo aver vissuto, seppur indirettamente, le pene che queste violenze possono
causare: “sono cresciuto senza figura maschile solo con donne, mamma e nonna, ho visto come erano
trattate dal mondo maschile… commenti e azioni pesanti sulla mia povera mamma perché una delle
prime separate in Italia.”
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COSA TI PORTA IL 2017 ?