La
parola “amore” si presta fin troppo spesso a diversi tipi di
distorsioni; sappiamo bene che non è facile amare in maniera libera e
sana mantenendosi indipendenti e rispettando contemporaneamente
l’individualità dell’altro, soprattutto quando non si è introiettato un
modello di relazione “amorevole e rispettoso” che abbia preservato
volontà ed identità.
Molti
pensano di scambiare amore ma in realtà in ciò che vivono e scambiano
non vi è la minima traccia di questo sentimento per cui finiscono in
situazioni che più che gratificare e far crescere, bloccano, fanno
soffrire e portano all’implosione delle due personalità e della coppia.
Una di queste forme di amore falsato è “il possesso”
spesso scambiato per gelosia ma ancor di più per “dimostrazione di
amore” dimenticandosi che la cosa più preziosa che l’amore reca con sé è
la libertà e il rispetto totale dell’altro.
La
dinamica relativa ad “amore e possesso” è molto legata ad una serie di
messaggi falsati che giungono a noi dai film, dai romanzi ed anche da
certe fantasie ancestrali che hanno visto nell’essere una sola cosa,
anzi, nell’essere “una sola carne” qualcosa di fantastico da ricercare
sopra ogni cosa.
Fa
parte dell’ideale romantico questo fare tutto insieme, “mangiare nello
stesso piatto e bere dallo stesso bicchiere”, qualcosa su cui tanti
cuori solitari proiettano il loro ideale di rapporto.
Il
concetto di unità è stato spesso portato sulla coppia per cui,
l’immagine dei due cuori e una capanna, dei due cuori che battono
all’unisono incapaci di stare separati anche solo per poco tempo, resta
profondamente scolpito nelle psiche di molte persone.
La
possessività è uno stato profondamente infantile che però può
mantenersi anche nella condizione adulta allorchè non si è ricevuto
tutto ciò di cui si aveva bisogno e permangono grandi insicurezze (una
vera e propria fame) che spingono a dover letteralmente fagocitare e
divorare le persone e le cose in modo da garantirsi un’assoluta
sicurezza e fedeltà.
E’
l’idea che non si possa vivere senza l’altro che porta, non appena si
struttura il rapporto, a dar vita al fenomeno del “possesso”.
Certo,
bisogna dire che la fase di innamoramento è sempre una fase di questo
tipo; in effetti i due partner vogliono stare sempre insieme e non
sentono l’esigenza di fare delle cose proprie; ragion per cui vedono in
questo sciogliersi l’uno nell’altro la realizzazione di un sogno a lungo
coltivato, quello di essere veramente “uniti”, il che viene vissuto
come un profondo allargamento dei confini personali e come un improvviso
allontanamento da tutti i problemi; in quel contesto questo tipo di
amore è assolutamente naturale, serve infatti a far crescere il
sentimento comune e ad avvicinare l’uno all’altro; il problema nasce nel
momento in cui si vuole mantenere questo tipo di relazione anche quando
l’innamoramento finisce e si dovrebbe passare ad una situazione più
matura capace di recuperare l’identità di entrambi. Se lo stato
simbiotico e di possesso viene mantenuto allora si cade dentro ad una
relazione che non può che diventare distruttiva per i due soggetti.
L’esperienza
dell’amore possessivo porta con sé l’idea che le cose possano essere
rassicuranti e che la completezza possa essere vissuta solo in coppia
per cui, su questa base, tutto dovrà essere fatto insieme e, quando uno
dei due comincia a sentire esigenze diverse, scattano alcuni allarmi che
portano uno dei partner a risperimentare un “vuoto mai colmato” che lo
spinge a cercare di “trattenere l’altro” facendo leva sull’idea che “sia
suo” e che debba rispondere ai suoi bisogni.
In
questo tipo di situazione - in astrologia - troviamo spesso difficoltà
grandissime sull’asse IIa VIIIa nonché disarmonie tra i pianeti Venere e
Giove (e sicuramente Eris) e/o tra Venere e Plutone. Il segno del Toro è
anch’esso molto spesso invischiato in quanto è – almeno sul piano
simbolico – il più portato a confondere l’essere con l’avere e a cercare
di compensare mancanze affettive autentiche attraverso varie forme di possesso. Chiaro che a questo punto l’altro diventa nè più e né meno una “cosa” di cui si dispone a piacere.
Sia
chiaro che non si tratta di una condizione che si instaura sempre con
questi aspetti, ma solo allorchè sono presenti più segnali nel tema
natale che indicano una profonda ferita narcisistica che produce
l’impossibilità di gratificazione sul piano affettivo unita ad
un’impossibilità di stare soli e di reggere i conflitti che
inevitabilmente si pongono nel momento in cui il partner comincia ad
aver bisogno di “spazi personali” che vengono visti come un vero e
proprio “tradimento”; a quel punto partono vere e proprie dinamiche
aggressive-possessive che sono la dimostrazione di non essere in grado
di uscire dal concetto che sia l’altro a dover riempire i vuoti che sono
rimasti all’interno.
In questi casi la presenza e la devozione dell’altro diventano una pretesa assoluta in quanto il partner stesso viene
considerato “una proprietà” alla stessa stregua di un appartamento o di
un terreno, qualcosa che non può avere vita propria ma che deve essere a
completa disposizione perché ha il compito di gratificare, riempire e
dare senso alla vita.
In
questo genere di coppie uno dei due è condannato a sacrificare le
ambizioni, la libertà e quel che è peggio, la realizzazione personale e,
infine, non può avere interessi al di fuori della relazione.
Se
le persone che hanno bisogno di fagocitare l’altro potessero “lo
ingoierebbero” nell’illusione di colmare il bisogno di calore e di
vicinanza che non hanno mai sentito e che pretendono di ottenere
attraverso il partner schiavizzandolo.
Il
possesso è qualcosa che invade totalmente fino a non consentire quasi
più la vita e l’autenticità di una persona … e pensare che qualcuno ha
il coraggio di chiamarlo amore. E’ indubbio che vi sono gradi diversi di
possesso, da quello apparentemente bonario che fa leva sui bisogni
infantili e che si comporta in modo “benevolo” verso l’altro, a quella
che si potrebbe chiamare una vera e propria “possessione” che ha lo
scopo di limitare e di avere potere totale sull’altro fino a bloccarlo
in ogni sua espressione.
Il
possesso nasce da bisogni di seconda casa (sicurezza, contenimento e
nutrimento affettivo) mai risolti completamente e dall’idea che il vuoto
possa essere risarcito attraverso un “prendere in ostaggio” del tutto
illecitamente un’altra persona; nelle persone afflitte da bisogno di
possesso vi è in genere uno scarsissimo valore di sé che esaspera l’idea
di non poter vivere senza l’altro e che porta alla svalutazione
dell’altro che viene trattato alla stregua di un vero e proprio oggetto
che non deve avere una sua volontà.
Indubbiamente
per mettere in atto una dinamica di questo genere occorrono sempre due
persone, una che la agisce direttamente e l’altra che in qualche modo
collude nel senso che si adatta a richieste assurde per paura di perdere
qualcosa che ritiene fondamentale per vivere.
Inutile
dire che la persona che si sente posseduta è del tutto inconscia del
suo “bisogno sottostante” e quindi spesso si considera vittima a tutti
gli effetti dell’altro.
Il
punto è che i due partners hanno entrambi una percezione un po’
deformata della realtà che viene vista attraverso la “lente di un
complesso”; infatti, il partner che opera il possesso è convinto che
solo in quel modo potrà trattenere l’altro a sé ed avere quelle
sicurezze di cui ha bisogno, convinto che se non le mettesse in atto
sarebbe abbandonato; l’altro però è a sua volta convinto che questa
situazione sia in fondo una dimostrazione di grande attenzione ed amore e
non prende in considerazione la mancanza di autostima e di valore che
lo porta a sottostare e a restare nella dinamica.
|
a cura di Lidia Fassio
-
Nessun commento:
Posta un commento
Eseguiamo Siti e Blog personalizzati , guarda : www.cipiri.com